D'Alema....



“Ma di quali scosse sta parlando D’Alema? La sinistra non vuole forse rispettare il voto democratico liberamente espresso dagli elettori? L’ipotesi più probabile è che D’Alema abbia sofferto un colpo di caldo”. Così il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, on. Paolo Bonaiuti, replica alle parole dell’ex premier D’Alema a In mezz’ora.


Fabrizio Cicchitto – “Cossiga delinea uno scenario condivisibile. Però sull’indicazione di Draghi sbaglia”. Fabrizio Cicchitto, capogruppo alla Camera del Pdl, esclude così l’ipotesi - avanzata dall’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga - secondo cui il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi sarebbe l’uomo prescelto dal “partito del complotto” per sostituire Silvio Berlusconi alla presidenza del Consiglio.
Intervistato da La Stampa, Cicchitto ha affermato che con Draghi “vi possono essere consensi o dissensi sulla politica economica, ma escludo che possa essere lui al centro della trama”.
La “campagna effettivamente distruttiva” ai danni di Berlusconi “è orchestrata da un’entità esterna: il superpartito di Repubblica”, ha detto Cicchitto, secondo cui “il Quirinale non c’entra nulla e non può essere sfiorato da dubbi di nessun tipo”. Commentando l’intervista rilasciata ieri da Massimo D’Alema a Lucia Annunziata nella trasmissione tv “In mezz’ora”, Cicchitto ha definito l’esponente del Pd “l’ultimo in ordine di tempo a essere salito sul carro del superpartito di Repubblica”.


Renato Farina - “D’Alema non ragiona mai in termini di voti, di numeri, di consenso elettorale, uscito chiarissimo dalle urne, ma da perenne comunista, per cui ogni tipo di forza - legale o no - è da lui usata in vista del potere. Sia chiaro, se è onesto. Dica che vuole il governo per sè senza legittimazione popolare e con l’appoggio di quali poteri. Sarebbe gravissimo, ma avrebbe almeno il pregio della sincerità".


Maurizio Gasparri – “D’Alema è un perdente nato. Gioca al complotto fin da quando giovinetto in divisa da giovane comunista rendeva omaggio a Togliatti. Ha fallito da capo partito ed è stato cacciato a furor di popolo da Palazzo Chigi con una sconfitta elettorale nel duemila. Ora perde al nord, al centro e al sud. E anche i suoi amici terroristi di Hezbollah in Libano hanno perso dopo aver passeggiato con lui a Beirut. D’Alema è presuntuoso, ma non è certo un porta fortuna”.


Osvaldo Napoli – “D’Alema è un replicante stanco e sfiduciato. Non ha più un canovaccio e improvvisa una piece politica nella quale lui per primo non crede più. Quello che un tempo fu il leader di uno schieramento grazie a un colpo di palazzo, è oggi ridotto al ruolo penoso di ventriloquo dello scalfarismo. Ripete al pomeriggio le minacce scritte da altri la mattina. Il fatto di aver scritturato nella compagnia di giro l’attor giovane Casini lo illude sulla possibilità di imminenti scosse sul governo. D’Alema sa qualcosa di più di quanto scrivono i giornali? D’Alema ritiene che la Lega, un tempo da lui definita costola della sinistra e oggi degradata a guardia pretoriana di Berlusconi, sia sul punto di rovesciare il tavolo? Più che D’Alema coltivi una speranza, a questo punto senile, di tornare sulla scena per un ultimo assolo. Come ammoniva Moliere, però, la grandezza di un attore si vede da come si congeda dalla scena. D’Alema si conferma mediocre anche in questa circostanza”.


Piero Testoni – “Stavolta D’Alema ha fatto centro. Peccato che il baffino nazionale, con la scusa di parlare di Berlusconi, ci abbia fornito uno stupendo autoritratto. Lui si intende di leader dimezzati, anzi di mezzi leader, perchè non è mai riuscito ad esserlo a tutto tondo. Né come capo di partito, né come capo di una coalizione quando fu, grazie all’abilità altrui, presidente del Consiglio dei ministri. Quanto poi alla pennellata sull’arroganza di Berlusconi, Massimo eguaglia Freud. Visto che di arroganza si intende, il suo più che un lapsus è un’ammissione di colpa e una ricerca di compagnia in un confronto con il leader del Pdl, che resta per lui irraggiungibile.

Se a pesaro non attacca...

A noi è andata male... ma il centro destra ha vinto ovunque... qualche riflessione da
Il Mattinale..

Se le urne sono vuote per la sinistra, si buttino le urne. Le elezioni, le regole parlamentari, la democrazia che si fonda sulla maggioranza vanno bene alla sinistra solo quando è confortata dai voti, vince le elezioni e occupa le posizioni di potere. In caso contrario, bisogna trovare strade alternative, scorciatoie, “scosse”, come ha detto Massino D’Alema.
Questa è la nuova parola d’ordine degli sconfitti: la “scossa”. Invano D’Alema ha cercato di precisare: il senso era chiaro ed era (ed è) sinonimo di “ribaltone”. Ovvero una serie di eventi che portino l’attuale maggioranza parlamentare di centrodestra a sgretolarsi e consentano alla sinistra di tornare al potere, eventualmente attraverso un passaggio intermedio, come avvenne nel 1995.
Ciò che preoccupa non è il desiderio dell’opposizione di tornare al governo: è normale che questo accada, e di fatto accade dappertutto. È il ruolo dell’opposizione, è un suo diritto lavorare per diventare maggioranza.
Ciò che preoccupa, e in questo l’Italia non è un Paese “normale”, è che l’opposizione di sinistra non accetti la situazione “normale” di essere minoranza dopo lo svolgimento di libere elezioni e affidi le sue speranze non all’efficacia del discorso politico ma ad eventi estranei, definiti “scosse” da D’Alema: un personaggio politico che di scosse un po’ se ne intende – prescindendo dalla valutazione sui risultati e i frutti. Quando, nel 1994, prima “scosse” Achille Occhetto dalla segreteria dell’allora Pds, d’intesa con Veltroni; poi, nello stesso anno, sconfitto dai voti degli iscritti che si pronunziarono a favore di Veltroni, “scosse” quel risultato grazie ad una manovra di vertice; nel 1998, “scosse” Prodi e lo sbalzò dalla presidenza del Consiglio; nel 2008, ha “scosso” – non da solo – sia Veltroni dalla segreteria del nuovo Pd sia Prodi, una seconda volta, da Palazzo Chigi.
Tutto ciò rivela ancora una volta il disprezzo genetico della sinistra per la libertà individuale, il libero voto, la democrazia fondata sulla libertà. E rivela l’istinto per il “centralismo democratico”, cioè il potere deciso da elite che si cooptano e che manipolano – esse sì – l’opinione pubblica.